Annoverata tra le 10 più importanti grotte al mondo, dal fascino indiscusso, la grotta di Zinzulusa rappresenta una delle più interessanti manifestazioni di carsismo salentino.
Originatasi durante il Pliocene, per effetto dell’erosione dell’acqua sul sottosuolo calcareo salentino, la meravigliosa cavità naturale si apre sul mare, nel tratto di costa che va da Santa Cesarea Terme a Castro Marina, tra l’altro, dalla grande suggestione paesaggistica.
Curiosità sul nome
Il suo nome deriva, forse, dalla presenza al suo interno, di particolari formazioni calcaree che pendono dal soffitto, con l’aspetto di stracci, “zinzuli” in dilatetto.
Secondo altri, invece, Zinzulusa deriverebbe dal nome arabo-greco di un albero un tempo molto diffuso: il giuggiolo (Zinzinusa).
La storia della grotta di Zinzulusa
Le prime notizie storiche sulla grotta di Zinzulusa risalgono ad una lettera inviata nel 1793 da monsignor Del Duca, Vescovo di Castro, al re Ferdinando IV, nella quale il prelato descriveva meticolosamente la cavità carsica, riconoscendo nelle sue bizzarre “sculture” naturali le colonne di un antico tempio dedicato a Minerva, eretto come tributo per il sostegno dato da Ercole nello scontro coi Giganti.
Successivamente altri studiosi salentini, tra i quali Monticelli, Brocchi, De Giorgi, Botti e Perotti, si sono cimentati nell’esplorazione e nello studio della grotta.
Solo a partire dal 1922, però, ha inizio un’intensa opera di raccolta e catalogazione delle specie vegetali e animali presenti nelle parti più profonde della grotta.
L’interesse per questa cavità non si limita solo all’aspetto biologico ma si rivolge verso quello storico-archeologico per via del rinvenimento di numerosi resti di manufatti che paiono risalire al Neolitico e al Paleolitico, sino a giungere all’epoca romana.
La grotta viene aperta al pubblico nel 1957.
Le tre parti in cui si articola la grotta
La grotta di Zinzulusa si articola in tre parti, distinte e geomorfologicamente diverse:
- l’ingresso, scavato in calcari compatti, si caratterizza per la grande varietà e quantità di stalattiti e stalagmiti. Attraversando i 100 metri di galleria carsica, denominata Corridoio delle Meraviglie, si arriva ad un piccolo lago di acqua dolce e limpidissima, mista a infiltrazioni marine, chiamato la Conca. La parte terminale del Corridoio è chiamata Cripta
- la seconda parte della grotta si estende dalla Cripta all’ampia cavità denominata il Duomo. Questa parte di grotta pare risalire al Cretacico ed è caratterizzata da pareti lisce, alte oltre 20 metri, sulle quali è facilmente riscontrabile l’azione erosiva delle acque interne. Il Duomo è una cavità simile ad una cattedrale, sulle cui pareti trovano rifugio numerose colonie di pipistrelli
- il fondo costituisce la parte terminale della grotta, che giunge fino a circa 160 metri oltre l’ingresso. Anch’essa ricavata in rocce cretaciche, ospita il piccolo bacino chiuso del Cocito. Le sue acque sono caratterizzate da una netta stratificazione: calde e salmastre nella parte bassa; dolci e fredde in superficie.
L’importanza del ritrovamento del percorso sommerso
Nel corso delle ricerche è emerso, inoltre, un percorso lungo circa 110 metri, completamente sommerso, con direzione NW, oltre il sifone del Cocito, portando alla luce un’ampia varietà di sedimenti, stalattiti e stalagmiti ed un’eccezionale fauna acquatica sotterranea.
Per la prima volta sono stati individuati:
- anellidi policheti
- l’anfipode Salentinella gracillima
- il misidaceo Stygiomysis hydruntina
- il copepode Nitocra reducta
- una nuova spugna troglobia, l’Higginsia ciccaresei
La scoperta di questa spugna riveste un particolare valore scientifico in quanto le spugne, generalmente, vivono in acque marine o in ambienti cavernicoli costieri e solo raramente, nel corso della loro lunga evoluzione, sono riuscite a colonizzare ambienti sotterranei, profondi e isolati come quello di Zinzulusa.
Tutto ciò conferma l’eccezionale biodiversità della Grotta.
La fauna terrestre della grotta di Zinzulusa
La fauna terrestre della grotta è, altrettanto, ben rappresentata. Troviamo, infatti:
- isopodi
- pseudoscorpioni
- gasteropodi,
- oligocheti
- collemboli
- lepidotteri
- coleotteri
- ortotteri
- ditteri
- miriapidi
Ed ancora: ragni, acari, chirotteri, nematodi.
Nella cavità sono stati ritrovati, poi, numerosi resti fossili di uccelli, bovini, felini, equidi, cervi, rinoceronti, ippopotami,elefanti e orsi.
La leggenda più famosa della grotta
La leggenda più famosa sulla grotta Zinzulusa, tramandata nel corso dei secoli, narra di un Barone che viveva non troppo lontano dalla cavità.
Era padrone delle terre circostanti, un tipo molto ricco ma assai avido, d’animo cattivo.
Nonostante l’enorme quantità di beni accumulati, infatti, non si curva in alcun modo né della moglie, né della figlioletta che vestiva di stracci.
La moglie, per il dolore, morì rapidamente, mentre la figlia crebbe tra gli stenti, sempre più triste cupa, finché un giorno una bellissima fata, mossa a compassione per le condizioni in cui versava la ragazzina, decise di intervenire, adornandola con uno splendido abito, facendo spargere al vento gli stracci (zinzuli, in dialetto locale) che si posarono sulle pareti di una grotta vicina, pietrificandosi.
Il Barone, per la sua cupidigia, venne scaraventato sul fondo delle acque antistanti la grotta, dove rimase adagiato, dando origine ad un laghetto, il Cocito, mentre sua figlia fu data in sposa ad un bellissimo principe, regalando un lieto fine a tutta la leggenda.
L’importanza della grotta di Zinzulusa nel cinema e nella poesia
Nel 1960 all’interno della grotta di Zinzulusa furono girate alcune scene del film di Carmelo Bene “Nostra Signora dei Turchi”.
Anche il poeta Armando Perotti le dedicò alcune rime, rimaste celebri: “Dormi nel tuo mistero Zinzulusa/Noi lo tentammo questo tuo mistero/ con la religion di chi sospetta/ ch’oltre la realtà cominci il vero”.