Nuove frontiere per il biodegradabile. Il progetto Bioclean seleziona nuovi e robusti microrganismi in grado di degradare diversi tipi di polimeri sintetici (polietileni, polistirolo, polieteri e polivinilcloruro e/o poliesteri) a partire da plastiche di scarto ottenute da discariche e da siti marini e terrestri.
Abiti, case, giocattoli: la plastica si trova praticamente ovunque. In Europa, la produzione totale nel 2012 aveva raggiunto i 57 milioni di tonnellate, mentre i rifiuti post-consumo sono oltre 24 milioni di tonnellate. Di questi, 10,4 milioni di tonnellate sono stati smaltiti e 14,3 milioni di tonnellate sono stati recuperati.
In questo contesto, si inserisce il progetto Bioclean, coordinato da Fabio Fava, professore di Biotecnologia Industriale ed ambientale presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali dell’Università di Bologna.
Il progetto per il biodegradabile riunisce 19 partner di 9 paesi europei e vede anche la partecipazione della cinese Nanjing University.
Gli attori che sostengono il progetto sul biodegradabile
Bioclean viene finanziato dall’Unione Europea (Programma FP7 cooperation) con 3 milioni di euro, coinvolge anche 7 piccole-medie imprese di cui una bolognese, e l’associazione europea delle industrie dei polimeri (PlasticsEurope) che ha il compito di promuovere ed implementare i risultati ottenuti in Europa.
Il progetto si avvale inoltre dell’aiuto di un Advisory Board, con funzioni di consulenza, che comprende una ventina di aziende e istituzioni europee e cinesi, tra le quali il Ministero dello Sviluppo Economico, l’italiana Novamont, Versalis-ENI, il Consorzio Italiano Compostatori, la piattaforma Suschem Italy e l’European Polymer Federation.
Il metodo di ricerca utilizzato
Per selezionare i microrganismi mangia-plastica più efficienti, si sceglie di attingere a plastiche provenienti da discariche e dal fondo del mare ma anche da collezioni dedicate. E i batteri e i funghi isolati vengono caratterizzati per le loro capacità di biodegradazione.
Il progetto offre l’occasione per studiare il tasso di biodegradazione ed il percorso attraverso il quale la maggior parte dei polimeri viene biodegradata, e di valutare l’eventuale impatto dei prodotti di biodegradazione a livello ambientale. Questo è stato possibile grazie a un approccio integrato basato su metodi analitici e biologico-molecolari avanzati e su classici metodi di monitoraggio microbiologici ed eco-tossicologici.
Si è studiato inoltre la possibilità di valorizzare i prodotti ottenuti tramite il loro riutilizzo per la produzione di nuovi polimeri e/o di polimeri ibridi, e l’effetto in termini di tasso, resa e percorsi di biodegradazione di pre-trattamenti dei polimeri.
Le implicazioni positive del progetto sull’ambiente
Le colture microbiche più promettenti sono state sfruttate nello sviluppo di processi biotecnologici pilota e di strategie di “bioaugmentation” per stimolare la biodegradazione di plastiche presenti in ambienti marini, in impianti di compostaggio o di digestione anerobica dei rifiuti.
Questo allo scopo di mettere a punto una strategia di intervento per ridurre l’inquinamento delle acque, in particolare del Mar Egeo, nell’ottica della sostenibilità economica ed ambientale.
Inoltre questo trattamento innovativo per il biodegradabile potrebbe anche permettere alle industrie della plastica di ridurre l’impatto sull’ambiente, offrendo la possibilità di raggiungere tassi di riciclaggio più elevati.
Inoltre nuovo Pacchetto sull’Economia Circolare, adottato il 2 dicembre 2015, la Commissione UE ha annunciato:
– una strategia sulla plastica per affrontare temi come la riciclabilità, la biodegradabilità, la presenza di sostanze pericolose in alcune plastiche e nei rifiuti marini;
– proporre un obiettivo più sfidante per quanto concerne il riciclaggio degli imballaggi di plastica nella proposta legislativa rivista sui rifiuti.
Insomma, il progetto Bioclean sta offrendo la possibilità di ridurre in misura sostanziale gli effetti dell’inquinamento marino causato dai rifiuti plastici.
LEGGI ANCHE: Waste Shark: lo squalo hi-tech che pulisce gli oceani dai rifiuti
Fonte “http://rugiadapoint.it/attualit”