Capire l’autismo e diagnosticarlo in anticipo grazie all’ epigenetica. È questa l’ultima scoperta di un team di ricercatori che ha messo a punto un bio marcatore che potrebbe permettere una diagnosi precoce
L’ epigenetica applicata all’autismo per favorire diagnosi precoci e interventi tempestivi. Potrebbe essere questo, in un tempo non troppo lontano, il futuro dei trattamenti dei disturbi dello spettro autistico.
La soluzione è stata pensata da un team di ricercatori provenienti da diverse realtà: Università di Bologna, Istituto di Scienze neurologiche (Irccs) del Bellaria, Università di Warwick e di Birmingham.
Ecco cosa hanno scoperto.
Epigenetica e autismo
L’epigenetica, per definizione, è lo studio delle modifiche chimiche, a carico del DNA o delle regioni che lo circondano. Queste modificazioni regolano l’accesso dei fattori di trascrizione ai loro siti di legame sul DNA e regolano in modo diretto lo stato di attivazione funzionale dei geni. L’epigenetica svolge un ruolo fondamentale nei processi di riorganizzazione o ristrutturazione neurale.
Disturbi dello spettro autistico
I disturbi dello spettro autistico sono disturbi del neuro sviluppo. I bambini che ne soffrono hanno difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, difficoltà nelle interazioni sociali e possono presentare anomalie nella comunicazione. In molti casi, può presentarsi anche disabilità intellettiva. I sintomi possono essere molto diversi. Anche per questo, è difficile effettuare una diagnosi prima dei 2-3 anni di età.
Gli studiosi sarebbero invece riusciti a trovare una chiave capace di diagnosticare il disturbo in maniera precoce.
La ricerca
Gli studiosi lo hanno definito come una sorta di test: si tratta di sfruttare dei biomarcatori di sangue e urine, capaci di rilevare danni specifici alle proteine plasmatiche nei bambini, anche in età precoce.
La ricerca ha coinvolto 38 bambini in cura presso l’Irccs e un gruppo di controllo composto da 31 bambini, a sviluppo normotipico, di età compresa tra i 5 e i 12 anni.
Allo stesso tempo, sono stati studiati dei campioni di sangue e urina, in modo da evidenziare e isolare le differenze chimiche tra i due gruppi. Una sorta di biomarcatori in grado di rilevare la malattia. Secondo i ricercatori, gli studi devono andare avanti però ancora un po’ per poter sviluppare un sistema di diagnosi precoce valido.
Paola Visconti, neuropsichiatra infantile, responsabile del Centro disturbi dello spettro autistico dell’Irccs, afferma:
«Questi marcatori vanno testati su un gruppo di bambini molto più ampio, includendo anche bimbi più piccoli, e mettendoli in correlazione con minori che hanno altri problemi del neurosviluppo. Lo chiameremo ufficialmente test solo allora, ma siamo disponibili a continuare le ricerche, anche perché c’è un aumento reale dell’autismo».
Ma quale relazione tra epigenetica e autismo?
Secondo Visconti, i fattori ambientali potrebbero influenzare il DNA, rendendolo più suscettibile. Si pensa soprattutto a forme di ipossia durante la gravidanza, o all’aumento di radiazioni e pesticidi. Questo provocherebbe danni da ossidazione e glicazione alle proteine plasmatiche. In particolare, nei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico sono stati riscontrati livelli più elevati di uno specifico marcatore di ossidazione, la di-tirosina (Dt), e di composti denominati “Advanced Glycation Endproducts” (AGEs).
Nei bambini studiati, le cause dell’alterazione sarebbero quindi di tipo epigenetico, non genetico, perciò potenzialmente modificabili.
«Questa ricerca chiarisce il ruolo dello stress ossidativo in una patologia del neurosviluppo e identifica alterazioni biochimiche comuni in bambini che hanno sicuramente background genetici diversi. Ipotizziamo che sia l’instaurarsi di queste disfunzioni durante il periodo prenatale o nei primi mesi di vita che, alterando l’epigenetica delle cellule nervose, provoca alterazioni simili a quelle dovute a mutazioni genetiche», spiega Marina Marini, docente al Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale dell’Alma Mater, che ha coordinato il gruppo bolognese.
Stress ossidativo. Se non erro alla base delle conclusioni del lavoro portato a termine dalla VII Commissione Parlamentare “progetto Signum”, per intenderci quella meglio nota come “Commissione uranio impoverito e vaccini”, c’è la medesima origine. Le patologie degenerative ed in un considerevole numero anche letali, osservate analizzate e registrate tra i nostri militari ed oggetto dell’inchiesta della Commissione, hanno in comune questa genesi: stress ossidativo. La Commissione parlamentare però non si è pulita la bocca per evitare di citare in causa le vaccinazioni. La Dr. Marini forse si.
Ho lasciato un commento, ancora in attesa di approvazione:
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Stress ossidativo. Se non erro alla base delle conclusioni del lavoro portato a termine dalla VII Commissione Parlamentare “progetto Signum”, per intenderci quella meglio nota come “Commissione uranio impoverito e vaccini”, c’è la medesima origine. Le patologie degenerative ed in un considerevole numero anche letali, osservate analizzate e registrate tra i nostri militari ed oggetto dell’inchiesta della Commissione, hanno in comune questa genesi: stress ossidativo. La Commissione parlamentare però non si è pulita la bocca per evitare di citare in causa le vaccinazioni. La Dr. Marini forse si.