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I disturbi dell’apprendimento sono in drammatico aumento. Colpa della legge che consente alle scuole di lavarsene le mani?
Dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia, sono tutte condizioni catalogate all’interno di uno spettro più vasto e variegato. Tutte rientrano infatti tra i cosiddetti disturbi dell’apprendimento.
A marzo dello scorso anno, il Ministero dell’Istruzione contava la presenza di 187mila casi. Circa il 2,1% totale degli alunni. Cinque anni prima, invece, i ragazzi con una diagnosi di Dsa erano solamente lo 0,7%.
C’è chi dà la colpa dell’incremento all’approvazione di una legge, varata nel 2010. Oltre naturalmente alla poca informazione di alcuni insegnanti, che non sono pronti a presentare e adottare strategie ad hoc per facilitare l’apprendimento.
Scopriamo tutti i dettagli su questi disturbi e sulle possibili cause scatenanti.
Ma quali sono i disturbi dell’apprendimento?
Prima di addentrarci nelle possibili cause, facciamo un passo indietro. Le tipologie di disturbo sono varie. Secondo il quaderno ‘DSA. I disturbi specifici dell’apprendimento‘ pubblicato dall’Istituto Serafico di Assisi si dividono in:
Dislessia: difficoltà nell’effettuare una lettura corretta e fluente, riconoscendo le singole lettere e le sillabe. Errori tipici sono dovuti alla difficoltà nel riconoscere grafemi che differiscono visivamente per piccoli particolari, ad esempio “m” ed “n”, o nel procedere metodicamente da sinistra a destra e dall’alto in basso con lo sguardo.
Disortografia: il disturbo si presenta nella scrittura. Il ragazzo ha difficoltà nell’automatizzare le regole di conversione fonema-grafema e la corretta forma ortografica delle parole.
Disgrafia: è un disturbo di natura motoria e si presenta con la difficoltà a imparare a scrivere in modo fluido, armonico e leggibile. La scrittura appare quindi lenta e frammentata, in parte illeggibile. Anche per il soggetto stesso.
Discalculia: riguarda le abilità di calcolo, sia mentale che scritto e il recupero dei fatti numerici. I bambini che ne sono affetti non riescono a eseguire i calcoli in maniera automatica, a fare numerazioni progressive o a memorizzare i fatti matematici.
Disturbi dell’apprendimento: i dati del Miur
Secondo il ministero dell’Istruzione, nel 2016, erano ben 186.803 gli alunni, statali e non, a cui è stato diagnosticato un Dsa. Di questi, 108.844 risultavano dislessici; 38.028, affetti da disgrafia, 46.979 da disortografia e 41.819, invece, da discalculia. Dati ancora lontani dalla realtà secondo altri ricercatori. Un esempio? L’Associazione italiana della dislessia ritiene che i ragazzi affetti da questa problematica sarebbero invece 350mila.
I numeri del Miur hanno però suscitato più di una perplessità.
In un articolo de Il Fatto Quotidiano di qualche tempo fa, si parlava ad esempio di un caso particolare verificatosi a Como. Nella provincia si era infatti registrato dal 2013 al 2016 un aumento di certificazioni di disturbi dell’apprendimento di ben il 50%. Una crescita registrata soprattutto durante il passaggio dalla scuola primaria alla secondaria.
I dati erano accompagnati da una relazione che spiegava come mai si era registrato un tale aumento proprio in quella fase della crescita. L’ipotesi più accreditata era che potesse esserci una minore flessibilità didattica e da parte dei docenti. Fattori che avrebbero giustificato l’insuccesso formativo registrato tra gli studenti. La crescita nel numero di disturbi dell’apprendimento nei bambini sarebbe stata quindi solo una ‘scusa’ per provare a nascondere le proprie mancanze.
Come la scuola dovrebbe affrontare i disturbi dell’apprendimento
Gli ingredienti necessari, secondo Daniela Lucangeli, professore e presidente dell’Associazione per il coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati, sono tre: formazione degli insegnanti, strategie didattiche all’altezza e professionalità. È necessario innanzitutto capire perché il bambino effettua quegli errori.
«Non si può delegare all’insegnante di sostegno le difficoltà di un bambino. Oggi c’è poca formazione e soprattutto viene fatta sulla prestazione anziché sulla funzione: misura se il bambino raggiunge o meno certi parametri non fa analisi della qualità dell’apprendimento del bambino», spiega Lucangeli.
E a proposito dei numeri, Lucangeli spiega che bisogna essere prudenti. Un conto, infatti, sono i bambini che hanno disturbi dell’apprendimento, cioè che registrano anomalie nelle funzioni cognitive dovute a fattori di tipo epigenetico. Un altro conto, invece, sono le diagnosi fatte che possono comprendere sia profili complessi, che profili con learning disabilities, che potrebbero ottenere risultati significativi con le giuste strategie d’apprendimento. Senza considerare poi i “falsi positivi”.
Sempre secondo Lucangeli, con l’approvazione della Legge 170 dell’8 ottobre 2010, si è creato il rischio di confondere la difficoltà nella prestazione con la disfunzione, cioè una problematica propria del sistema cognitivo. E aggiunge:
«Oggi i centri di neuropsichiatria sono costretti per legge a dare una diagnosi certificata perché il bambino abbia a scuola la possibilità di avere un trattamento personalizzato: questo è anticostituzionale perché il trattamento personalizzato è un diritto di ogni bambino che abbia un bisogno di aiuto speciale. I bambini hanno bisogno di “una mano” sia che ci sia una disfunzione sia che ci sia una difficoltà».
La richiesta del M5S
E proprio in questo interviene il M5S che chiede al governo di attivare un piano di monitoraggio per verificare l’applicazione della Legge 170/2010 e le relative linee guida.
La richiesta viene dai parlamentari delle commissioni Cultura di Camera e Senato e porta la prima firma di Enza Blundo, vice presidente della Commissione Infanzia e Adolescenza.
«Secondo uno studio svolto dall’Inpef, e illustrato dalla Prof.ssa Palmieri in audizione in Commissione Infanzia e Adolescenza, negli ultimi anni c’è stato un aumento del 40% delle diagnosi rispetto ai 10 anni precedenti, con 190 mila casi di DSA diagnosticati. Il tutto, però, senza che esista un registro nazionale e neppure una mappatura in grado di dare numeri e notizie ufficiali su questi disturbi», spiega Blundo.
La legge, secondo i parlamentari del Movimento 5 Stelle, avrebbe prodotto negli ultimi anni una sorta di deresponsabilizzazione degli Istituti nell’affrontare le difficoltà di apprendimento dei ragazzi. Una condizione esacerbata dalla mancanza di competenze atte a sviluppare didattiche alternative e di figure adeguate, come quella del pedagogista scolastico.
foto: http://www.promiseprenatal.com