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I rifiuti edili possono essere riciclati? Anche se non esiste ancora una soluzione definitiva le idee ci sono. E hanno già raggiunto buoni risultati.
Secondo l’Unione Europea i rifiuti edili (CDW: Construction and Demolition Waste) rappresentano una delle principali fondi di rifiuto solido nel continente. A livello mondiale, la produzione di nuovo materiale per l’edilizia, causa circa l’8,6% delle emissioni di biossido di carbonio. Ecco perché sono nati molti progetti per studiare possibili alternative al classico smaltimento del calcestruzzo. Un materiale utilizzato in ingenti quantità, ma che difficilmente può essere riutilizzato.
Ecco le iniziative più interessanti.
I rifiuti edili “aggregati”
Quasi 15 anni fa, ormai, partiva la sperimentazione del riciclo del calcestruzzo. Lo studio era condotto dai ricercatori del Bauhaus-University of Weimar e della Ottovon-Gueriche-University di Magdeburgo. Secondo tale processo, i rifiuti edili generati dalla demolizione di elementi costruttivi in calcestruzzo – travi, pilastri, pareti, pali per la luce e così via – potevano essere riutilizzati in due modi.
- Aggregati per i sottofondi stradali e i sottofondi in genere
- Aggregati per nuovo calcestruzzo per elementi non strutturali
Nel primo caso, il materiale viene sottoposto a trattamenti speciali: deferrizzazione, triturazione, eliminazione di parti leggere. Il materiale che se ne ricava viene poi usato nei sottofondi stradali: tra l’altro ha ottime caratteristiche perché dà effetto stabilizzante allo stesso.
Nel secondo caso, invece, il prodotto si ottiene con la triturazione del calcestruzzo. Gli aggregati così ottenuti vengono impiegati al posto di quelli da roccia naturale e utilizzati per la produzione di elementi costruttivi in calcestruzzo. Qui però si registrano degli svantaggi: gli edifici così costruiti assorbono più acqua e hanno minore resistenza alle sollecitazioni.
Frammentazione elettrodinamica
Il professor Volker Thome, del Fraunhofer Institute for Building Physics di Holzkirchen, ha nel 2012 messo in evidenza i limiti del sistema appena descritto, che prende il di downcycling. Esso infatti deteriorerebbe i materiali, nei vari passaggi necessari al riciclo. Ecco perché ha immaginato un processo completamente diverso che porti al recupero effettivo degli inerti di valore dai rifiuti edili.
Lo scopo è di separare le particelle di pietra dal calcestruzzo, in modo da poter riutilizzare la ghiaia come aggregato in calcestruzzo nuovo. Per questo motivo, ha ripreso un metodo sviluppato da alcuni scienziati russi negli anni ’40, che poi hanno abbandonato. Un procedimento che prende il nome di frammentazione elettrodinamica.
I ricercatori hanno indotto un fulmine a colpire il calcestruzzo. La carica elettrica ha quindi indebolito il materiale, separandone le varie componenti, cemento e ghiaia.
“La forza dell’onda di pressione è comparabile a quella di una piccola esplosione”, ha spiegato Thome. “In questo modo il calcestruzzo si decompone nei suoi elementi base“.
Riciclo del calcestruzzo “a fine vita”
L’iniziativa C2CA dell’Unione Europea ha individuato, più di recente, altri metodo innovativi per il riciclo del calcestruzzo al termine del ciclo di vita. Sono diverse le soluzioni all’avanguardia studiate in questo caso. Tutte si basano sul riutilizzo della pasta di cemento dai rifiuti edili, che si è dimostrata ricca di calcio, e dell’aggregato di silice.
Malgrado la presenza di contaminanti – legno e plastica – che devono essere rimossi nella prima fase di procedimento, il riciclo del calcestruzzo al termine del ciclo di vita ha garantito risultati eccellenti.