Gli Uiguri sono una minoranza etnica turcofona e di fede musulmana che vive in Cina. Da qualche anno arrivano notizie sul fatto che il governo di Pechino sembra aver usato la sua forza militare e tecnologica per perseguitarli. Con l’aiuto di una ex prigioniera e del portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, Roberta Rei ci fa conoscere cosa sembra accadere nei campi di prigionia segreti. E perché questo ci riguarda da vicino.
E’ stata confermata l’esistenza e si tratta di quasi 400 campi di detenzione, dove i musulmani-turcofoni vengono torturati, costretti al lavoro forzato, a convertirsi e a bere alcolici. Si fa luce sulla «più grande incarcerazione di massa dalla seconda guerra mondiale».
Quasi un anno fa un video pubblicato su TikTok da una teenager americana è diventato virale portando alla luce un argomento tanto inquietante quanto spinoso. La ragazza ha finto di fare un tutorial di makeup per denunciare la situazione di repressione in Cina ai danni della minoranza uiguri nella provincia dello Xinjiang, nell’estremo nord-ovest del Paese. Un argomento che le sta particolarmente a cuore, ma che le costerebbe la censura del social cinese.
La situazione in verità è già ben nota da tempo alle Nazioni Unite, che però, dice la ragazza, avrebbero fallito nel bloccare il genocidio. “Non possiamo permettere che accada ancora, non possiamo restare in silenzio mentre davanti ai nostri occhi avviene un altro olocausto”. Da quel momento l’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica mondiale si è concentrata sempre di più su questi campi di concentramento cinesi, diventati un vero e proprio caso internazionale.
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Campi concentramento in Cina: chi sono gli uiguri
Gli uiguri sono un’etnia di religione islamica che vive nel nord-ovest della Cina, in particolare nella regione dello Xinjiang insieme ai cinesi Han, ma rappresentano la maggioranza della popolazione in quella regione.
Dal 2001, con la lotta globale al terrorismo islamico, si è intensificata la repressione del governo nei confronti dei movimenti indipendentisti e separatisti come appunto quello degli uiguri, la cui attività indipendentista risale alla prima metà del novecento.
Nel 2009 una manifestazione uiguri nello Stato dello Xinjiang è degenerata in una serie di scontri etnici con gli Han e con la polizia cinese, in cui sono morte centinaia di persone. Col passare del tempo gli uiguri hanno iniziato a subire sempre maggiore repressione da parte delle autorità cinesi, ricorda molto la situazione antisemita del primo dopo guerra con le conseguenze poi note dell’olocausto durante la seconda guerra mondiale.
Propaganda cinese simile a quella nazista
Dall’altro canto Pechino continua ad insistere che non vi sono violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, ma inizialmente il governo ha negato l’esistenza dei campi di internamento, poi però non hanno più potuto mentire e li ha descritti come programmi di formazione professionale e rieducazione “volontaria” che mirano ad alleviare la povertà e contrastare la radicalizzazione e il terrorismo.
Come già citato prima ricorda molto la situazione che si vive in tempi fascisti e l’opera di propaganda e persecuzione perpetuata verso gli ebrei. Si ricorda che ai tempi l’apparato propagandistico statale, guidato da Joseph Goebbels, venne utilizzato per manipolare e ingannare la popolazione tedesca e il mondo esterno. Storie edificanti vennero inventate come parte integrante dell’inganno: un opuscolo pubblicato nel 1941, ad esempio, riportava entusiasticamente come i Tedeschi in Polonia avessero dato lavoro agli Ebrei, costruito ospedali puliti, organizzato la distribuzione di minestra calda per gli Ebrei, dando loro giornali e organizzando corsi professionali.
Addirittura vennero rese possibili delle visite, dopo la forte pressione della Croce Rossa internazionale e danese, ma venne dipinta una realtà che era pura facciata di propaganda. Le SS autorizzarono alcuni rappresentanti della Croce Rossa a visitare il ghetto. In quel momento, le notizie dello sterminio degli Ebrei avevano già raggiunto la stampa mondiale e la Germania stava perdendo la guerra.
Per organizzare meglio l’inganno. Deportarono molti ebrei dal ghetto di Theresienstadt, prima della visita della Croce Rossa e le SS ordinarono ai prigionieri rimasti di “abbellire” il ghetto e di “metterlo in ordine”: i prigionieri dovettero così creare nuovi giardini, dipingere le case e rimettere a nuovo gli edifici. Le autorità delle SS misero in scena eventi culturali e sociali per impressionare i funzionari in visita. Dopo che i rappresentanti della Croce Rossa ebbero lasciato Theresienstadt, le SS ricominciarono le deportazioni, che non ebbero termine fino all’ottobre del 1944.
Incarcerazione di massa degli Uiguri
Le richieste di spiegazioni e le polemiche in merito ai campi di concentramento di detenzione degli Uiguri in Cina, è aumentata dal 2018.
I documenti di cui si è venuti in possesso e diffusi dalla stampa internazionale confermano ciò che sta realmente accadendo ovvero la più grande incarcerazione avvenuta dopo la seconda guerra mondiale di una minoranza etnico-religiosa. Secondo le stime le autorità cinesi hanno internato nei lager circa un milione di uiguri.
In questi giorni il programma de Le Iene ha riportato alcune testimonianze di alcuni detenuti, vi riportiamo il link del video della puntata cliccando qui.
Sono pervenute delle immagini satellitari ottenute dall’Australian Strategic Policy Institute, e riportano come nello Xinjiang ci sono 380 centri di internamento (100 in più rispetto a quanto si riteneva in precedenza), che vanno dai campi di rieducazione a minore sicurezza alle prigioni fortificate.
Tra le varie falisità le autorità cinesi avevano avvisato che il loro sistema di rieducazione era in fase di esaurimento, invece le prove dell’ASPI mostrano che la costruzione di nuove strutture è continuata per tutto il 2019 e 2020. Le immagini rivelano come i campi di concentramento siano o all’interno o nei pressi di fabbriche per il lavoro forzato.
Cosa succede nei campi di concentramento e nella società cinese?
I campi di detenzione sono destinati a musulmani definiti “ribelli” o “pericolosi” che possono venire arrestati anche per futili motivi e imprigionati senza nessun processo. Chi definisce poi chi realmente ha fatto qualcosa o meno? Chi definisce poi se sono persone valutate come dissidenti e di fatto lottano per i loro diritti? Chi definisce cosa? Trattamenti disumani che non dovrebbero esistere e la violazione dei diritti umani inizia ben prima della reclusione.
I motivi per subire questi trattamenti possono essere i più disparati, basta non seguire le loro regole, basta non fare quello che decidono loro essere giusto, basta navigare su un sito web straniero, ricevere telefonate e messaggi da parenti all’estero, avere il Corano, non mangiare carne di maiale, pregare regolarmente o farsi crescere la barba potrebbe far deportare definitivamente un individuo. Perchè qui di parla di deportazione, una persona in un campo di indottrinamento politico cinese o in prigione, un lager, un campo di detenzione, un campo di concentramento, qual si voglia dire.
“È parte della strategia cinese etichettare come terrorismo tout-court una richiesta di diritti culturali”, ci dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. “Da qui questa politica di chiuderli in luoghi eufemisticamente chiamati Centri per la formazione professionale che sono campi di concentramento veri e propri”.
Stando a quanto riferito, i campi devono aderire a un rigoroso sistema di controllo fisico e mentale totale, con sorveglianza 24 ore su 24 posta ovunque negli edifici e intorno ai recinti. Qui dentro le persone sono costrette a rinnegare le loro convinzioni e ad elogiare il Partito Comunista, a bere alcolici e mangiare carne di maiale (pratiche vietate dalla religione islamica). Ma poi chissà quant’altro.
I detenuti guadagnano “crediti” per il processo di trasformazione ideologica e il rispetto della disciplina, ma anche se la “trasformazione culturale” è compiuta non sono autorizzati ad andarsene, ma vengono trasferiti in un altro livello dei campi dove “devono formarsi in ambito lavorativo”.
A proposito dei crediti cinesi alleghiamo questo video dove viene narrato dalla trasmissione Petrolio questa pratica dei crediti in Cina anche tra i cittadini.
Lavoro forzato Uiguri: coinvolti grandi marchi e solidarietà da tutto il mondo
Il report “Uiguri in vendita” pubblicato dall’Australian Strategic Policy Institute ha identificato almeno 27 fabbriche in Cina dove sono stati trasferiti i detenuti dei campi di lavoro forzato dello Xinjiang. Queste fabbriche riforniscono almeno 83 marchi internazionali ( che naturalmente non possiamo citare per paura di ritorsioni legali ).
Le prove raccolte da studiosi, giornalisti e attivisti di spudorate violazioni dei diritti umani nello Xinjiang hanno cominciato a farsi sentire al grande pubblico. Recente è la notizia che l’ attaccante di Francia e Barcellona Antoine Griezmann ha tagliato i suoi legami commerciali con il gigante tecnologico cinese Huawei, dicendo che c’erano “forti sospetti” che questo avesse contribuito alla repressione degli uiguri.
La sua dichiarazione fa seguito a un rapporto secondo cui Huawei ha testato un sistema di riconoscimento facciale sviluppato dalla società di intelligenza artificiale Megvii che potrebbe essere utilizzato per identificare gli uiguri e attivare un avviso alla loro presenza. Questo è quanto riportato dal The Guardian, ma Huawei ha affermato che le sue tecnologie non sono progettate per identificare i gruppi etnici.
Un anno fa, Heiko Maas, il ministro degli Esteri tedesco, suggerì che le aziende cominciavano a chiedersi quanto fosse appropriato il loro investimento nella regione, perché “nessuna azienda può ignorare il fatto che centinaia di migliaia di uiguri sono detenuti nei campi”.
Quest’estate la National Basketball Association ha interrotto i legami con un centro di addestramento nello Xinjiang. Anche le esportazioni di cotone della regione, che si pensa rappresentino circa un quinto dell’offerta mondiale, sono sotto i riflettori date le crescenti preoccupazioni per il lavoro forzato. H&M non acquista più prodotti dalla regione. L’amministrazione Trump ha vietato le esportazioni di cotone dall’XPCC, parte dello stato cinese e uno dei maggiori produttori del paese.
La situazione in Cina è sotto i riflettori del mondo.
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