Muoiono a decine, in certe strutture non c’è spazio per mettere le bare e i cadaveri giacciono per ore sui loro letti, vicino a vivi. Se ne vanno così, vittime di una strage silenziosa, gli anziani nelle case di riposo, senza nemmeno un saluto dei propri cari.
Il picco di decessi di anziani è in Lombardia e in molti, per far comprendere la gravità della situazione, fanno riferimento alla delibera della giunta lombarda, la numero XI/2906 dell’8 marzo 2020, che chiedeva alle Ats, aziende territoriali della sanità, di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani, strutture autonome per assistere pazienti Covid 19 a bassa intensità.
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La delibera numero XI/2906 e le immediate richieste di spiegazioni delle associazioni
Tutto è partito da questa delibera, proposta dall’assessore del welfare Giulio Gallera, contenente, tra le altre, questa prescrizione:“A fronte della necessità di liberare rapidamente posti letto di Terapia Intensiva e Sub Intensiva e in regime di ricovero ordinario degli ospedali per acuti occorre mettere a disposizione del Sistema Regionale i posti letto (subacuti, postacuti, riabilitazione specialistica sanitaria, in particolare pneumologica), cure intermedie intensive e estensive, posti letto in RSA”.
Il 16 marzo le associazioni Agaspi, Anaste, Arlea, Anffas, Aci Welfare e Uneba hanno scritto una lettera a Gallera e al direttore generale dell’assessorato al welfare Luigi Cajazzo, focalizzandosi su due aspetti:
- la carenza cronica di dispositivi protettivi (soprattutto mascherine) nelle RSA
- l’inserimento di pazienti Covid-19 nelle RSA, definendola un “voler mettere un cerino nel pagliaio“, già acceso, s’intende.
Gli appelli dei sindacati vengono ignorati
Il 19 marzo, sul Fatto Quotidiano, la segretaria generale della FP Cgil Lombardia, Manuela Vanoli, dichiara: “C’è un bisogno disperato di liberare i posti in ospedale, ma le RSA non sono adatte, non hanno gli spazi,non hanno strutture separate, non hanno dispositivi di protezione individuale e non hanno personale formato per gestire questo tipo di pazienti”.
“Chiamano addirittura noi al sindacato-prosegue- per avere indicazioni su come sono strutturati gli ospedali, per capire come comportarsi. Non sono strutture per acuti”
Il parere di Luca Degani, presidente di Uneba Lombardia
Luca Degani, presidente di Uneba, associazione che mette insieme circa 400 case di riposo lombarde, in un intervento al Quotidiano del Sud, rivolgendosi a Gallera e al governatore della Lombardia Attilio Fontana, in merito alla delibera in questione, dice: “Dopo la delibera abbiamo chiesto chiarimenti, la maggior parte delle nostre strutture non hanno dato seguito alla richiesta della regione. Ma c’è chi l’ha fatto e poi si è pentito. Come potevamo accettare malati ai quali non era stato fatto alcun tampone né prima né dopo? Senza dire che il nostro personale sarebbe stato comunque a rischio. Si sono infettati medici e sanitari in strutture molto più attrezzate della nostra. Non ci hanno dato i dispositivi di protezione ma volevano darci i malati…insomma”.
Degani nei giorni scorsi aveva precisato: “Dipendiamo per un buon 30% dai finanziamenti della Regione, logico che molti abbiano paura di perderli. Non parlano e io li capisco. Ma noi che facciamo parte del terzo settore e siamo no profit, certe cose dobbiamo dirle: i nostri ospiti hanno una media di 80 anni, sono persone con pluripatologie. Come potevamo attrezzarci per prendere in carico malati spostati dagli altri ospedali per liberare posti letto? Ci chiedevano di prendere pazienti a bassa intensità Covid e altri ai quali non era stato fatto un tampone. Il virus si stava già diffondendo. Stavamo per barricarci nelle nostre strutture, le visite dei parenti erano già state vietate”.
Focolai e dati sui decessi nelle case di riposo
Lo scorso 30 marzo Il Post riportava che nella RSA di Quinzano d’Oglio, in provincia di Brescia, in 3 settimane erano decedute 33 persone.
Secondo quanto riportato dall’ANSA lo scorso 1 aprile, il 25 marzo i responsabili delle strutture avevano scritto un’altra lettera disperata, indirizzata all’Ats e alla Regione, nella quale, oltre a chiedere aiuto, denunciavano che in soli 20 giorni si erano già verificati 600 decessi su 6400 posti letto, aggiungendo che sul versante operativo quasi 2000 dei 5000 operatori risultavano assenti per malattia, quarantena o isolamento.
Il 31 marzo Brescia Today titolava: “Coronavirus, in casa di riposo è una strage: 90 morti tra Chiari, Coccaglio e Quinzano.
A Milano a far rumore è stato il caso del Pio Albergo Tribulzio, una delle strutture geriatriche più grandi e famose d’italia, finita sotto i riflettori per i suoi dati di marzo e aprile che riportano, rispettivamente, 70 e 30 decessi… caso finito, ovviamente, nel mirino della magistratura milanese.
Cattive notizie anche per l’Istituto Palazzolo Fondazione Don Gnocchi di Milano, per una casa famiglia di Affori.
La replica di Gallera sulla strage di anziani
Gallera, replicando, si è così espresso: “La strategia sta consentendo correttamente al sistema di regger. Non andiamo a creare un problema in un ecosistema fragile ma a recuperare spazi dove è possibile farlo, in totale sicurezza”, aggiungendo: “Nel 90% dei casi i pazienti trasferiti sono andati in strutture sanitarie private e ospedali. In alcuni casi nelle RSA, ma solo laddove vi siano strutture con padiglioni separati dagli altri e con personale dedicato solo a questo. Non mettiamo i malati di Covid insieme agli anziani”.
Bisognerà capire cosa è davvero accaduto.