
Identikit dell’azienda bio: più giovane, familiare e informatizzata
Azienda biologica, l’identikit dipinto dal rapporto del Mipaaf
Più giovane, con maggiori profitti e più informatizzata. Sono queste le caratteristiche dell’azienda biologica tipo di questi ultimi anni, così come rappresentata in un rapporto curato da Mipaaf, Inea, Ismea e Sinab e presentato in occasione della Biodomenica organizzata a Roma.
Azienda bio: il quadro in Italia
L’azienda che si occupa di agricoltura biologica dà più lavoro, abbassa l’età media e innalza il livello di scolarizzazione.
In particolare, dal rapporto si evince che il 99% delle aziende agricole bio sono a conduzione familiare; con un’imprenditoria giovane (il 22% è un conduttore di età compresa tra i 20 e i 39 anni); colta (49% di laureati e diplomati); capaci di produrre più reddito (+33,4%) e più lavoro (+14%), oltre a essere attenti alle nuove tecnologie e alle nuove forme di sviluppo.
Basti pensare che Il 15,6% delle aziende biologiche italiane è informatizzato (contro il 3,8%, delle convenzionali). Il 10,7% ha un sito web (contro, l’1,8%). Il 5,2% pratica l’e-commerce (contro lo 0,7%).
Il guadagno è chiaramente maggiore rispetto alle aziende convenzionali. Si parla di 51.478 euro di reddito netto per unità lavorativa familiare, contro i 34.294 euro del resto delle aziende.
Nell’azienda biologica è richiesta maggiore manodopera
Certo, nelle aziende biologiche si spende il 14% in più per il lavoro. Fondamentalmente perché si impiega di più. Lo spiega Vincenzio Vizioli, presidente di Aiab: “Nelle aziende bio c’è bisogno di più manodopera umana. Ad esempio: dato che non si passa col trattore a dare il diserbante (lavoro di una persona), ci vogliono più persone che passano a togliere le erbe infestanti”.
Molto importante la diversificazione delle attività produttive. Questa pratica è attuata dal 17% delle aziende, che distribuiscono le loro energie anche in agriturismi, attività ricreative e sociali, educative ecc.
Si può affermare, dati alla mano, quindi, che in Italia il modello dell’agricoltura familiare sia ancora quello prevalente.
E a chi difende a spada tratta gli Ogm, Vizioli risponde: “Al di là delle evidenze scientifiche sui rischi di contaminazione dei prodotti tradizionali, che sono alti, c’è un problema di sovranità alimentare. Tre specie – mais, riso e grano – sfamano il 50% della popolazione e quattro multinazionali controllano già il 70% del mercato dei semi. Togliere spazio all’agricoltura familiare e tradizionale a vantaggio del modello iper-industrializzato e centralizzato vuol dire impoverire milioni di persone e arricchire un oligopolio. Gli ogm fanno male alla democrazia”.
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