Agopuntura come sostituto ai farmaci nella terapia del dolore? Alcuni ricercatori bolognesi pubblicano un interessante studio sul tema.
Pratica antichissima, l’agopuntura era già considerata dagli abitanti della Cina come un ottimo rimedio per ridurre il dolore. Oggi impiegata per tutta una serie di disturbi, soprattutto di tipo funzionale, la terapia è estremamente diffusa anche in Occidente. Dove la scienza ufficiale ne riconosce alcuni benefici.
È il caso di un nuovo studio condotto dall’Università di Bologna, che ha indagato gli effetti sul dolore dei pazienti in fase postoperatoria. Ecco i risultati più interessanti e una disamina su storia e proprietà dell’agopuntura.
Agopuntura: lo studio dell’Università di Bologna
Pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica JAMA Surgery, lo studio è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, in collaborazione con la Stanford University. Analizzando gli effetti di agopuntura ed elettroterapia in un periodo piuttosto lungo (25 anni), gli studiosi hanno concluso che queste due terapie “possono ridurre il consumo di analgesici a base di oppiacei nei pazienti che si sottopongono a un intervento particolarmente doloroso in fase postoperatoria”. In particolare, il consumo ridotto di tali farmici si ridurrebbe in interventi estremamente invasivi come la protesi totale di ginocchio.
Scopriamo nel dettaglio le risultanze della ricerca.
I ricercatori bolognesi e californiani hanno selezionato 39 studi pubblicati tra il 1991 e il 2015. Scandagliando 25 anni di indagini, sono stati analizzati i dati di 2391 pazienti. In particolare, gli studiosi hanno provato a comprendere gli effetti di cinque trattamenti non farmacologici per la gestione del dolore:
Agopuntura
Crioterapia
Elettroterapia
Riabilitazione preoperatoria
Continuous Passive Motion (CPM)
«Il nostro obiettivo – ha dichiarato Dario Tedesco, medico che ha guidato lo studio – era identificare un gruppo di trattamenti non farmacologici che, in affiancamento all’imprescindibile terapia farmacologica, potessero essere associati a una migliore gestione del dolore. Un tema, questo, che oggi è di particolare interesse soprattutto in riferimento agli oppiacei, categoria sotto stretta sorveglianza negli Stati Uniti, dove è in corso una severa epidemia di morti legate al consumo di queste sostanze».
Tra i 5 trattamenti considerati, è emerso che agopuntura ed elettroterapia “possono portare ad una riduzione clinicamente rilevante del consumo di farmaci analgesici oppiacei”. I ricercatori concludono che i due strumenti possono rivelarsi “alleati particolarmente utili per i pazienti di un intervento complesso”.
Che cos’è l’agopuntura e come funziona
Tra i due trattamenti citati dai ricercatori, l’agopuntura è certamente la più diffusa, anche nel mondo occidentale. E probabilmente la più efficace nel trattamento di diverse condizioni, non solo nella terapia del dolore. Ma da dove nasce questo strumento?
Si tratta di una tecnica terapeutica antichissima, già impiegata in tempi remoti in Cina e in altri Paesi orientali. Queste popolazioni erano già consapevoli delle capacità degli aghi di alleviare il dolore: li utilizzavano infatti soprattutto per questo scopo.
La tecnica consiste nell’inserimento di piccoli aghi metallici nella pelle, a una profondità variabile dai 3 ai 10 millimetri. Tali aghi vengono applicati in specifici punti del corpo, per consentire – è la credenza – l’attivazione e la distribuzione dell’energia vitale attraverso una rete di canali presente nell’organismo.
Il termine cinese con cui si identifica l’agopuntura è zhen jiu.
Zhen significa ‘metallo che morde’, identificando quindi l’ago. Jiu riconduce invece all’azione lenta operata dal fuoco. Gli agopuntori, infatti, ricorrono spesso anche all’applicazione di alcune fonti di calore (un piccolo cono di artemisia acceso) nei punti del corpo interessati.
L’agopuntura ha un effetto equilibrante: raggiunge infatti il sistema nervoso e, attraverso di esso, i centri che governano le funzioni dell’organismo. In questo modo, prova a ripristinarne il funzionamento ottimale, che può essere ostacolato da una malattia.
Da ormai qualche decennio, tale pratica si è diffusa anche in occidente. E la cosiddetta medicina ufficiale ha dovuto riconoscerne, almeno in parte, i benefici.
Agopuntura: quando è più efficace (e quando non lo è)
In un’intervista a La Stampa, il dottor Piero Ettore Quirico – segretario della Federazione Italiana delle Società di Agopuntura (FISA) – ha risposto ad alcune interessanti domande sul tema e in particolare sull’efficacia di questa pratica orientale.
Innanzitutto una premessa: l’agopuntura “si usa soprattutto per le patologie funzionali, dove la struttura del corpo è abbastanza integra”, spiega Quirico. Nel caso di una pesante degenerazione organica, invece, “è difficile ripristinare un equilibrio e l’agopuntura in questi casi è meno efficace”.
L’esperto passa quindi a elencare la lunga lista di disturbi per cui la tecnica può risultare utile:
- Artrosi
- Sciatalgia
- Dolori cervicali
- Epicondiliti
- Cefalee (sia di tipo emicranico che intensivo)
- Nevralgie
- Nevralgie del trigemino
- Herpes zoster
- Problemi ginecologici (amenorrea, dismenorrea, infertilità)
- Sindrome del colon irritabile
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Oltre ai disturbi di tipo fisico, può avere benefici anche sulla psiche del paziente: ansia, depressione, insonnia, malattie psicosomatiche.
Quest’ultimo punto è molto interessante, perché permette di spiegare la filosofia dell’agopuntura:
«Noi agopuntori curiamo la persona, non la malattia – spiega Quirico – Secondo la medicina occidentale un paziente ansioso o depresso viene considerato dal neurologo solamente in base a questi disturbi, senza tener conto di altri problemi, quali ad esempio reflusso gastro-esofageo, colite, palpitazioni… si pensa che queste siano due malattie diverse e distinte. Questo modo di procedere però è senza senso: in realtà la persona è unica e indivisibile. Se uno è disturbato emotivamente, spesso tende a somatizzare le emozioni, procurandosi svariati disturbi fisici».
Secondo l’esperto, non ci sono tipologie di pazienti che potrebbero subire danni o effetti collaterali dalla pratica. Ci sono casi in cui, però, può risultare poco utile. Quirico cita ad esempio fumo e dimagrimento, per i quali l’agopuntura avrebbe solo un effetto placebo.