Un grande bacino idrico, tra i principali in tutta Europa, a grave rischio contaminazione. È questo quanto emerge dalle indagini della procura di Teramo sulle attività dell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso.
Le acque reflue contaminate dai laboratori, non sarebbero state sufficientemente separate dall’acqua destinata al consumo umano. Mettendo a rischio la salute di 700mila cittadini.
Ecco le accuse.
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Indagati i vertici dell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso
Scattano i primi avvisi garanzia sul cosiddetto “sistema Gran Sasso”. Secondo i carabinieri del Noe, coordinati dalla procura di Teramo, esiste un “permanente pericolo di inquinamento ambientale”, a causa della presunta contaminazione che l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) del Gran Sasso avrebbe apportato alle falde acquifere della zona.
I magistrati scrivono che esiste un “pericolo di compromissione o deterioramento significativo e misurabile delle acque sotterranee del massiccio del Gran Sasso”.
L’inchiesta ha portato all’emissione di dieci avvisi di garanzia nei confronti dei vertici dell’Infn, dell’ente Strada dei Parchi e di Ruzzo Reti. Le indagini sono state avviate in particolare dopo due episodi di presunto inquinamento delle acque dovuto, secondo le accuse, alle attività dell’Istituto. Nell’ultimo, a maggio 2017, in 32 comuni del Teramano è stata dichiarata la non potabilità delle acque. Acqua proveniente proprio dall’invaso del Gran Sasso.
I vertici dell’Istituto di Fisica Nucleare ribadiscono di “aver sempre agito con onestà personale e correttezza istituzionale”.
È allarme in Gran Sasso per 700mila persone
Il giudice per le indagini preliminari, che ha vagliato il lavoro del Noe e dei magistrati teramani, ha confermato la preoccupazione per la possibile contaminazione delle acque.
Il gip parla di “stato di generale abbandono, se non di degrado, di alcuni tratti delle gallerie dei laboratori del Gran Sasso”. In pratica, secondo il magistrato, Roberto Veneziano, la struttura scientifica sarebbe “sotto numerosi aspetti fragile, non sufficientemente impermeabilizzata e non in grado di garantire la collettività dai gravi rischi di contaminazione delle falde acquifere”.
Secondo il gip, in pratica, non esisterebbe una necessaria separazione tra le reti di condotte che raccolgono le acque contaminate, con quelle finalizzate al consumo umano. Esisterebbe poi un pericolo di “scarsa resistenza” ai terremoti, così frequenti in Gran Sasso. Attività sismica che potrebbe facilmente lesionare le condotte e portare a ulteriori contaminazioni.
Sotto gli occhi degli investigatori sono finite anche le gallerie dell’autostrada A24-A25, che avrebbero contribuito a “deteriorare, in modo permanente, le acque sotterranee”. Acque che, è bene ricordalo, riforniscono 700mila cittadini abruzzesi.
Avevamo già parlato del problema della sicurezza delle acque abruzzesi nel 2014, con la pesante accusa nei confronti dell’amministrazione pubblica che sapeva già della gravità della situazione ma rimase inoperosa
Il Gran Sasso tra i bacini idrici più importanti d’Europa
Insomma, secondo il gip, il rischio contaminazione è “significativo e misurabile”. E avviene in un’area, quella del Gran Sasso, che costituisce uno dei bacini idrici più importanti d’Europa.
Il giudice ricorda inoltre che nel tempo si sono succeduti una serie di commissari per mettere fine al problema. Costati 80 milioni di euro, gli interventi sarebbero ancora “incompleti”, o addirittura “significativamente difformi da quanto progettato”.
In conclusione, per Veneziano, “i gravi indizi di colpevolezza si ravvisano a iosa”.
Sul punto non hanno dubbi i cittadini. Il comitato “Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso” si è mosso da tempo per cercare di arginare il pericolo. Come ha spiegato Augusto De Sanctis, membro del comitato, che parla delle indagini come di “una prima conferma delle gravissime criticità presenti nei Laboratori del Gran Sasso e nell’Autostrada A24”. E aggiunge:
«In questi mesi non solo abbiamo depositato ben cinque dettagliatissimi esposti, ma abbiamo dato il nostro contributo fattivo alle indagini. Forse i ricercatori avrebbero potuto tenere un atteggiamento meno arrogante nei confronti dei cittadini, soprattutto visto quello che è emerso con gli accessi agli atti, a partire dallo stoccaggio irregolare di ben 2.292 tonnellate di sostanze chimiche pericolose posizionate praticamente nel punto di captazione delle acque potabili bevute da centinaia di migliaia di persone».
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