Soluzione ecomafie? Da una lettera del 31 dicembre 1992, indirizzata dal dottor Luigi Antonio Mascia dell’Usl 7 di Termoli al sindaco, apprende: «con l’obbligo da parte dell’azienda di provvedere comunque ad allontanare i residui, anche individuando sistemi alternativi di smaltimento».
IL 20 gennaio 1993 il sindaco termolese «ORDINA all’azienda Union Carbide di Termoli di eliminare i residui allo stato solido di CNT entro il 31/12/1994 con il sistema di smaltimento adottato ovvero ricorrendo a sistemi alternativi».
Il 6 marzo di 20 anni fa interviene il prefetto Palmieri. Nella sua nota indirizzata al sindaco ha scritto:
«… si sottopone all’attenzione della S.V. l’eccessiva dilazione concessa alla soc. Union Carbide (31/12/1994) che non sembra trovare valida giustificazione…».
La Prefettura seguita a scrivere al sindaco, ma senza ottenere risposta. Infatti in una missiva del 7 luglio 1993 si fa riferimento ad «Accertamenti presso la Union Carbide Chemicals… Si prega di voler cortesemente riscontrare la prefettizia di pari numero del 26 maggio 1993».
Il dirigente del Servizio di ifgiene Publica, Elio D0’Ascenzo il 3 gennaio 1994 invia un rapporto a varie autorità, tra cui la Procura della Repubblica di Larino, a proposito dell’inquinamento provocato dalle industrie chimiche “Union Carbide Chemicals, Vima ed Sts”:
«… dai controlli in questione sono emerse delle irregolarità formali e sostanziali nella gestione dei reflui aziendali…».
Da un rapporto datato 5 marzo 1996 del responsabile del Presidio Multizonale Igiene e Prevenzione di Campobasso (Carlo Carlomagno) si apprende che «nell’area del Nucleo industriale di Termoli operano tre Aziende del campo della chimica c.d. fine, e cioè la S.T.S. Spa, la Flexsys Spa e la OSI Specialties Italia Spa che opera dal 1982» tutte soggette alle direttive Seveso.
Lo stabilimento O.S.I. Specialties Italia S.p.A. (già Union Carbide Chemicals) è sito in località Rivolta del re, a sud ovest della città di Termoli. L’unità produttiva è in esercizio dal settembre 1982 per produrre silani organo funzionali (derivati organici del silicio). Il ciclo tecnologico prevede quale prodotto di partenza il Triclorosilano.
Le principali ,materie prime utilizzate oltre all’acrilonitrile ed al triclorosilano, sono l’etanolo, il metanolo, il toluolo, il viniltriclorosilano, l’allilmetacrilato ed il metilcellosolve. Dal processo produttivo scaturiscono prodotti di scarto che vengono distrutti mediante incenerimento che si disperde nell’aria fuoriuscendo da un camino.
I reflui chimici invece vengono scaricati nel fiume Biferno che recapita nell’Adriatico: fino a tutto il 1993 la multinazionale non aveva neanche l’autorizzazione allo scarico.
In altri termini: inquinamento a norma di legge e cancro assicurato per tutti, o quasi.
Il precedente:
La nube tossica formatasi in seguito al rilascio di isocianato di metile, iniziato poco dopo la mezzanotte del 3 dicembre 1984, uccise in poco tempo 2.259 persone e avvelenò decine di migliaia di altre. Il governo del Madhya Pradesh ha confermato un totale di 3.787 morti direttamente correlate all’evento, ma stime di agenzie governative arrivano a 15.000 vittime.
Un comunicato governativo del 2006 asserisce che l’incidente ha causato danni rilevabili a 558.125 persone, delle quali circa 3.900 risultano permanentemente invalidate a livello grave. Ancora nel 2006, nelle zone interessate dalla fuoriuscita del gas il tasso di morbilità è 2,4 volte più elevato che nelle altre adiacenti.
La Union Carbide India Limited (UCIL) venne fondata nel 1934 dalla Union Carbide Corporation USA (UCC), uno dei primi investitori americani in India. Divenne una sussidiaria della UCC il 24 dicembre 1959 e l’azienda nordamericana al momento dell’incidente ne deteneva il 50,9% delle azioni.
L’impianto di Bhopal fu costruito a partire dal 1969 su terreno preso in affitto dal governo locale. La sezione per la produzione di MIC venne aggiunta nel 1979 ed entrò in funzione il 5 febbraio 1980. Il MIC era un prodotto intermedio nella produzione del pesticida carbaryl (nome commerciale Sevin) e Bhopal era l’unico impianto a produrlo fuori dagli Stati Uniti.
Nel novembre 1987, indipendentemente dal giudizio civile, il Central Bureau of Investigation indiano rinviò a giudizio la: Union Carbide, la Union Carbide Eastern Inc., la Union Carbide India Limited, Warren Anderson e otto manager indiani della Union Carbide India Limited con l’accusa di omicidio colposo e lesioni gravi, per aver provocato morti e danni permanenti attraverso l’esercizio irresponsabile di attività e di tecnologie altamente pericolose.
Nel 1991 l’accordo di risarcimento venne riesaminato da un tribunale indiano che decise per l’imputazione a carico della Union Carbide e di Warren Anderson, né la multinazionale né il suo presidente si presentarono al processo e vennero quindi dichiarati latitanti.
Il gruppo delle vittime sollevò la questione della costituzionalità del Bhopal Act, con riferimento all’attribuzione esclusiva al Governo indiano della legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni, ma la Corte suprema respinse l’istanza con la motivazione che permettere ai singoli danneggiati di agire parallelamente al Governo: «sarebbe risultato così macchinoso che la procedura non sarebbe stata veloce, effettiva ed equa, non certo il sistema migliore e più vantaggioso per assicurare soddisfazione alle pretese nascenti dalla fuga di gas».
I giudici newyorkesi hanno rigettato l’azione delle vittime di Bhopal, in quanto non legittimate ad agire:
«Il potere di agire è riservato per legge indiana esclusivamente al Governo indiano e continuare questo processo sarebbe un’inammissibile ingerenza nella sovranità di un altro Stato; e comunque nessuna pretesa può essere avanzata dopo che è stato sottoscritto un componimento amichevole con la Union Carbide”.
“La corte ha rigettato anche questa azione sostenendo che la pretesa non può essere considerata interesse comune di tutti gli attori né di quelli da loro rappresentati e perciò non presenta gli estremi di una class action:
«La Corte dichiara il caso chiuso e ordina che il cancelliere rimuova il fascicolo dalle cause pendenti davanti alla Corte. Così è deciso »
Adottando i consigli provenienti da Washington, il governo indiano decise di alleggerire i capi d’accusa legati a Bhopal, trasformandoli semplicemente in accusa di negligenza anziché omicidio.
Il numero degli anni di reclusione si riduce, da 10 a 2, o la severità delle pene da infliggere ai singoli, piuttosto la legittima aspettativa di vedere riconosciute le responsabilità, ancor di più, il diritto a risarcimenti, riparazioni, ripristini, bonifiche.
Il 17 luglio 2002 la Corte di Giustizia di Bhopal ha espresso il suo verdetto negativo, per lo stato del Madya Pradesh, infine il primo luglio 2003, il Governo indiano trasmette al Governo americano i documenti per l’estradizione di Warren Anderson.
Il 13 luglio 2004, il governo USA ha respinto la richiesta di estradizione per Anderson.
Nel giugno del 2010 un tribunale indiano giunge ad una condanna di colpevolezza nei confronti di 8 individui (7 dipendenti indiani della fabbrica e il presidente americano della Union Carbide Corporation ai tempi dell’incidente a Bhopal, Warren Anderson di 90 anni, sempre latitante.
di Gianni Lannes