La società Red Bull ha acquisito un tratto di Riviera Adriatica per costruire il proprio resort. Non è la prima azienda a farlo, ma è la prima azienda a utilizzare il proprio nome per il resort. L’area è ora infatti chiamata “Red Bull Bay” ed è costata ben 7,5 milioni di euro! Come se un tratto di meravigliosa costa italiana potesse avere un prezzo…
Questa acquisizione è stata accolta con riluttanza da parte della gente del posto che si preoccupa dell’aumento sproporzionato del turismo e quindi dell’eventuale diminuzione della qualità della vita. La società non ha commentato pubblicamente su queste preoccupazioni. D’altra parte, “il denaro non dorme mai” e ovviamente l’acquisizione della costa adriatica da parte dell’azienda è una mossa strategica che le consentirà di far crescere il suo già immenso impero di bevande energetiche nel Bel Paese, ma è anche un modo per rafforzare il proprio marchio a livello internazionale. Si sa che se hai una proprietà in Italia, questa è sempre ben vista e dà lustro al tuo brand.
L’obiettivo Costa Adriatica, turismo o altro?
L’azienda ha una lunga storia in Europa e come detto questa acquisizione le consentirà di espandere il proprio marchio in un nuovo territorio, e nemmeno tanto piccolo! La costa in questione si estende infatti da Trieste a nord fino a Reggio Calabria a sud. Il tratto più settentrionale della costa adriatica è noto come Litorale Triestino-Istriano o semplicemente Litorale Triestino mentre il tratto più meridionale è chiamato Litorale Jonico o semplicemente Litorale Sud. È una delle coste più lunghe e diversificate d’Europa, con una lunghezza di circa 1.000 km (620 miglia). Tendenzialmente frastagliata con scogliere, presenta anche lunghe distese di spiagge sabbiose, soprattutto nella zona nord-orientale. La caratteristica più importante della costa adriatica sono le sue numerose località balneari, frequentate sia dalle famiglie italiane che dai turisti internazionali.

Cosa e chi c’è veramente dietro questa mossa di Red Bull?
Il 77enne magnate austriaco Dietrich Mateschitz, inventore della bevanda energetica più venduta al mondo e di un impero sportivo che va dalla Formula 1 al calcio e ora anche squadra di Coppa America, è l’autore di questo ambizioso e non convenzionale progetto. La proprietà di quest’area sul mare Adriatico, ora di proprietà della Red Bull, comprende la Marina Monfalcone (ex Marina Hannibal) con 300 ormeggi fino a 40 metri, un cantiere navale, uno yacht club e la prestigiosa Scuola Vela Tito Nordio. Ma non è tutto, ci sono condomini, giardini e spiagge.
Qui entra in gioco un altro personaggio, il plenipotenziario di Mateschitz per gli sport acquatici, l’austriaco Hans-Peter Steinacher, amministratore delegato di Marina Monfalcone da giugno. Il suo impiego è necessario per creare un centro globale dedicato agli sport acquatici, con un focus particolare sulle classi olimpiche dal 2024 in poi. Senza dimenticare le strutture portuali e di accoglienza per i diportisti, che saranno totalmente rinnovate.
Il signor Steinacher è anche il manager del team Sailing Racing della Red Bull GmbH e ha una storia di grande vela, vincendo due medaglie d’oro olimpiche nel 2002 e nel 2004 nella classe Tornado. Lo stesso Steinacher è uno degli uomini chiave nella nuova sfida di Coppa America del team austro-svizzero Red Bull Alinghi. Il desiderio nascosto dei friulani è che un giorno l’America’s Cup possa approdare a Trieste, grazie alla Red Bull. Ecco svelato l’arcano…

La direttiva Bolkestein e il ruolo passivo dell’Italia
Nel dicembre scorso la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora relativa al rinnovo automatico delle concessioni balneari, minacciando la procedura d’infrazione nel caso in cui il governo italiano non proceda ad applicare i dettami contenuti nella direttiva Bolkestein che prevede la liberalizzazione delle concessioni balneari. Si tratta di una direttiva destinata a provocare un terremoto nella geografia dei lidi italiani, obbligando di fatto a mettere a bando le concessioni balneari.
L’Italia fino adesso è stata restia ad applicare la direttiva europea e, pur avendola ratificata nell’ormai lontano 2010, ha provveduto a rinviarne costantemente l’applicazione. Voci di corridoio danno per imminente l’avvio ufficiale della procedura di infrazione e, lo scorso novembre, è arrivata inoltre la sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha annullato la validità della proroga al 2033 e imposto le gare entro due anni, e allo stesso tempo pare ne abbia invalidato l’esecuzione generalizzata sul territorio. Insomma, un ginepraio. Nel frattempo, mentre il governo italiano cerca una via di uscita, la conquista delle coste italiane da parte delle multinazionali è già cominciata. Stiamo a vedere…
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