Lo spreco alimentare non è solo un problema di alimenti: per produrre tutto il cibo che sprechiamo, ogni anno in Italia buttiamo nel cestino fino a 1.226 milioni di metri cubi di acqua, 24,5 milioni di tonnellate di CO2e e il 36% dell’azoto da fertilizzanti, utilizzati inutilmente con tutti gli impatti e i costi ambientali che ne conseguono.
La responsabilità è dei consumatori, che spendono in media 316 € euro l’anno in cibo che per disattenzione o negligenza viene buttato senza essere consumato, ma anche di un sistema produttivo che troppo spesso perde cibo e risorse lungo la filiera, fino al 50% delle perdite totali, prima ancora che arrivino in tavola.
E’ il quadro che emerge dal rapporto WWF “Quanta natura sprechiamo” e dall’indagine realizzata da GfK Eurisko con la collaborazione di Auchan e Simply, presentati oggi all’evento WWF “Ridurre lo spreco alimentare: una ricetta per salvare il pianeta”, che insieme a esperti italiani e internazionali.
L’evento, organizzato in vista della Giornata Mondiale dell’Alimentazione (16 ottobre) sotto l’egida e con la partecipazione della campagna globale Think.Eat.Save di UNEP/FAO, di cui il WWF è partner, è stata anche la prima tappa del percorso WWF verso EXPO 2015, di cui la nostra associazione è “Civil Society Participant” con una serie di iniziative per portare i temi dell’alimentazione sostenibile all’attenzione del grande pubblico.
“Quando il cibo viene sprecato, anche il suo “costo” ambientale viene sprecato, e l’ambiente viene quindi inquinato, sfruttato o alterato invano – ha detto Eva Alessi, responsabile Sostenibilità del WWF Italia – La riduzione degli sprechi deve diventare una priorità, anche attraverso un migliore bilanciamento tra la produzione e la domanda.
In molti casi sono sufficienti semplici azioni da parte di singoli cittadini, produttori, rivenditori, ristoratori e imprese per contribuire a raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore sostenibilità ambientale”.
Secondo il rapporto WWF, realizzato con la collaborazione scientifica della Seconda Università di Napoli, nel 2012 abbiamo sprecato in Italia fino a 1.226 milioni di metri cubi d’acqua utilizzata per produrre cibo che è stato gettato senza essere consumato.
Il 46% per lo spreco di carne, il 29% per cereali e derivati, il 22% di frutta, verdura e tuberi e il 3% per latte e derivati, un valore comparabile all’acqua consumata ogni anno da 19 milioni di italiani (e al fabbisogno domestico annuo di 27 milioni di nigeriani): di questi, 706 milioni di m3 sono in capo ai consumatori, mentre 520 milioni di metri cubi si sono persi lungo la filiera prima ancora di arrivare nelle case.
Ogni alimento ha una propria impronta ambientale che dipende dalla sua filiera di produzione: lo spreco di 1 kg di carne “costa” all’ambiente 10 volte la quantità di gas serra e di azoto reattivo richiesti da 1 kg di pasta.
Secondo la nuova indagine realizzata da GfK Eurisko con la collaborazione di Auchan e Simply, la quasi totalità (90%) degli Italiani riconosce oggi lo spreco alimentare come un problema serio ed individua la principale causa nei comportamenti poco attenti dei consumatori.
Oltre il 70% ritiene che sia molto importante sensibilizzare i cittadini sui temi dello spreco e attribuisce un ruolo primario – prima ancora che alle imprese, ai media e alla grande distribuzione – ai cittadini stessi che potrebbero svolgere un efficace ruolo educativo nei confronti dei più disattenti, in particolare delle generazioni più giovani.
Complice anche la crisi economica, la maggioranza degli italiani dichiara di mettere già oggi in pratica comportamenti utili a ridurre gli sprechi: il 54% controlla quotidianamente il frigorifero, il 65% controlla almeno una volta al mese la dispensa, solo il 36% dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità/freschezza dei prodotti scaduti prima di buttarli. E il 45% si dichiara favorevole alla vendita a prezzi scontati di alimentari non deperibili scaduti.
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