L’incenso, raccolto per millenni nel Corno d’Africa e trasportato attraverso il Mar Rosso fino alla penisola arabica, è da sempre apprezzato per il suo aroma intenso e legnoso. Nell’antico Egitto, era particolarmente stimato e utilizzato per rituali religiosi e cerimonie sacre. Secondo la tradizione cristiana, i tre Magi lo offrirono come dono prezioso al bambino Gesù, insieme a oro e mirra. Ancora oggi, molte chiese lo utilizzano durante le celebrazioni religiose, mantenendo viva una tradizione millenaria.
Le grandi aziende, attratte dalla crescente domanda, si stanno accaparrando ogni quantità disponibile di incenso. “Qualunque sia la produzione, c’è sempre un mercato pronto ad acquistare”, afferma Frans Bongers, professore di ecologia e gestione forestale presso la Wageningen University nei Paesi Bassi. Fino a 20 anni fa la richiesta proveniva pressochè dalle chiese, in seguito si sono scoperti i benefici e il settore del benessere ha iniziato a utilizzarlo.
Nonostante la moderna richiesta, il processo di estrazione dell’incenso rimane profondamente legato a metodi tradizionali. Le catene di approvvigionamento sono complesse, spesso caratterizzate da sfruttamento, violenza e il dominio di intermediari che riescono ad ottenere gran parte del valore economico della resina grezza. Ci sono sempre più prove che la ritrovata popolarità di questa sostanza potrebbe portare gli alberi di incenso selvatico sull’orlo dell’estinzione.
Nel villaggio etiope di Tseykeme, situato a 3.400 miglia dai lussuosi negozi di Covent Garden, un piccolo boschetto di alberi di incenso si arrampica su una collina rocciosa. Gli alberi, con i loro rami nodosi e la corteccia sfaldata che ricorda quella della betulla, portano i segni evidenti del raccolto: cicatrici rosse e ruvide dove la corteccia è stata tagliata.
Secondo Demstu Gebremichael, un agricoltore locale, i ladri di incenso visitano la zona quasi ogni notte. Lavorano spesso sotto la luce della luna, ma a volte, Demstu intravede il bagliore delle torce mentre raschiano la preziosa linfa bianca che trasuda dalle ferite inflitte agli alberi.
La resina viene rubata prima che possa raccoglierla. In piedi sotto uno dei suoi 36 alberi di incenso, Demstu racconta delle percosse inflitte ai vicini che si sono scontrati con i ladri, per lo più giovani locali che hanno perso i loro mezzi di sostentamento a causa della guerra e della siccità.
L’estrazione intensiva della resina
L’estrazione intensiva di resina dagli alberi di incenso, unita alla progressiva riduzione del loro numero, mette a serio rischio il futuro della specie e la sussistenza degli agricoltori locali. Un primo segnale d’allarme è stato lanciato nel 2011, quando uno studio sulla Boswellia papyrifera, la principale varietà di albero di incenso, ha previsto che il 90% degli esemplari potrebbe estinguersi entro il 2060. Questo albero è responsabile di circa due terzi della produzione mondiale di resina.
Ulteriori preoccupazioni sono emerse in uno studio pubblicato su Nature nel 2019, in cui i ricercatori hanno evidenziato che le foreste di Boswellia papyrifera non stanno rigenerando. Gli scienziati stimano che la produzione di incenso si ridurrà della metà nei prossimi due decenni, portando un’eventuale estinzione delle foreste se non si interviene.
Gli alberi di incenso stanno affrontando gravi minacce dovute a incendi, siccità e un terreno sempre più degradato, che li rende vulnerabili ai venti forti. A peggiorare la situazione, gli animali da pascolo, come capre e bovini, consumano i semi, impedendo la rigenerazione. Tuttavia, il problema principale rimane lo sfruttamento eccessivo, come evidenziato in uno studio pubblicato su Nature .
Simile al processo di estrazione dello sciroppo d’acero, la raccolta dell’incenso avviene attraverso il “tapping”, che consiste nel praticare tagli distanziati e poco profondi nella corteccia per permettere alla resina di fuoriuscire e indurirsi. Gli alberi dovrebbero poi essere lasciati riposare per mesi. Se però vengono fatti troppi tagli o in modo troppo ravvicinato, gli alberi diventano vulnerabili a infestazioni di coleotteri e funghi, che possono ucciderli.
I ricercatori hanno rilevato che, in Sudan, Etiopia ed Eritrea, gli alberi di incenso sono soggetti ad un raccolto eccessivo e non sostenibile. I tagli troppo frequenti e profondi rispondono alla crescente domanda globale, ma hanno conseguenze drammatiche: i vecchi alberi stanno sempre più rapidamente e non ci sono abbastanza giovani piante per sostituirli. Questo crea un circolo vizioso: meno alberi disponibili portano a una maggiore pressione su quelli rimasti, accelerando il loro declino.