Protesta nei pressi della prefettura di Napoli per richiamare l’attenzione sull’ecocidio infantile in corso. Ben 8 bambini morti di tumore da novembre ad oggi. Ma i vertici ospedalieri ne confermano solo 5, in linea con la media nazionale.
Sono persone che prima non si conoscevano tra loro, diverse tra loro e senza niente in comune. Se non di essere genitori di bambini uccisi dal cancro. E di vivere in una terra conosciuta come “quella dei Fuochi”. Una terra che invece di essere casa e rifugio si è rivelata killer silenzioso per molti. Un luogo dove per anni si è consumato un vero e proprio ecocidio, “l’uccisione” dell’ambiente naturale. Che ha significato la morte per tanti, adulti e bambini.
Lunedì 6 Febbraio la decisione di risvegliare l’attenzione delle istituzioni, cadute nell’immobilismo sulla questione. Le mamme denunciano le bonifiche non fatte (ma i fondi ricevuti?), gli screening promessi e mai realizzati, o realizzati in misura non sufficiente. Tante, troppe promesse che non hanno trovato riscontro nella realtà. E intanto i figli di questa terra muoiono.
Otto bambini morti, ma l’ospedale ne conferma solo cinque
Gli Angeli guerrieri della terra dei fuochi sono un gruppo di genitori, per lo più mamme che, come si legge dalla pagina Facebook, hanno pubblicamente denunciato l’ecocidio che sta avvenendo ai danni dei loro figli. Perché “la prima causa del cancro infantile è l’inquinamento ambientale e dunque tutti noi siamo chiamati a fare prevenzione primaria e politiche a tutela dell’ambiente perché nessun bambino merita il cancro e noi dobbiamo evitare in ogni modo che ciò avvenga”.
Pubblicano i nomi di 14 piccoli, tra i 7 mesi e i 14 anni, di cui ben 8 deceduti tra novembre e gennaio. Ma i dati del comitato non coincidono con quelli forniti dai vertici ospedalieri. Domenico Ripaldi, il direttore di Oncoematologia dell’ospedale Santobono Pausillipon (struttura partenopea di riferimento per la pediatria), replica che i decessi sarebbero solo 5 (e non 8). Dato considerato perfettamente in linea con la media nazionale.
I don Chichotte contro l’ecocidio
La preoccupazione delle mamme è l’immobilismo avvertito da parte delle istituzioni. Dopo lo scalpore iniziale e le promesse dei politici davanti alle telecamere, la Terra dei Fuochi non fa più notizia. È una realtà a cui ormai ci si è abituati. I riflettori si sono spenti sull’ecocidio e l’attivismo sembra una battaglia contro i mulini al vento.
Intanto, pochi giorni fa un pentito della camorra rivela che non è solo la Terra dei Fuochi a essere stata utilizzata per lo smaltimento illegale dei rifiuti. Ha indicato anche la zona vesuviana, all’interno del Parco Nazionale che, da oasi verde all’ombra del Vesuvio, è diventata una discarica a cielo aperto.
È necessaria la cooperazione tra istituzioni e cittadini
«Vivere qui non è normale. Noi qui non abbiamo avuto nessun intervento – spiega la mamma di Enrico, 8 anni, membro degli Angeli, delle mamme guerriere – Lottiamo. Noi non siamo medici. Non abbiamo soluzioni, ma le istituzioni non possono negare che qui si muore. Mio figlio si chiama ancora Enrico. Per me è vivo ancora. Aveva otto anni e oggi non lo vedo giocare in strada. Fa male pensare che le istituzioni, i politici, la gente si abituino tutti alla morte dei bimbi. Fa male».
Sulla questione dell’illegalità ambientale, riportiamo la testimonianza di Don Maurizio Patriciello, sacerdote da sempre attivo nella lotta contro l’ecocidio, che su Facebook scrive: «Napoli ha bisogno di uomini e donne che facciano il proprio dovere con magnanimità, coraggio, severità. Ha bisogno di complicità buona tra la politica locale, regionale e nazionale dove i responsabili sappiano ascoltarsi e rispettarsi e non litigare come sta avvenendo tra il governatore e i commissari della sanità inviati dal governo. I cittadini hanno il diritto di essere tutelati».