Le api sarebbero attratte dai pesticidi, come l’uomo dalla nicotina. Due studi, pubblicati sulla rivista Nature lo scorso 22 aprile, hanno esaminato i rischi che le sostanze chimiche possono avere su questi preziosissimi insetti, riaprendo così il già acceso dibattito sui pesticidi.
L’esistenza delle api è in forte pericolo, a causa di molteplici fattori: parassiti, diminuzione delle fonti di cibo e utilizzo di neonicotinoidi, una classe di insetticidi molto diffusa, applicata ai semi.
Nell’Unione Europea, l’utilizzo di tre dei pesticidi del gruppo dei neonicotinoidi più diffusi (Imidacloprid, Clothianidin e Thiamethoxam) è stato temporaneamente vietato a causa dei rischi che potrebbero avere sugli insetti impollinatori, divieto che dovrebbe essere ridiscusso nel mese di dicembre. Negli Stati Uniti, invece, non esistono restrizioni.
Il dibattito sugli effetti che gli insetticidi possono avere sulle api è molto acceso. Accanto a chi collega il cattivo stato di salute delle colonie di api all’utilizzo di questi prodotti, c’è chi difende i neonicotinoidi affermando che le api imparano a evitare le piante trattate.
I due studi pubblicati recentemente sembrerebbero confutare quest’ultima ipotesi.
Le api, infatti, possono diventare dipendenti dai pesticidi al pari di come gli uomini lo diventano con la nicotina.
Nel primo studio pubblicato sulla rivista Nature, gli scienziati della Newcastle Univeristy hanno dimostrato che le api sembrano preferire le soluzioni zuccherine unite all’Imidacloprid e al Thiamethoxam.
I ricercatori hanno osservato che l’ape da miele (Apis mellifera) e il bombo (Bombus terrestri), quindi, non solo non evitano il nettare in cui c’è una rilevante concentrazione di tre dei pesticidi del gruppo dei neonicotinoidi più diffusi ma, anzi, entrambe le specie sembrano addirittura preferire le soluzioni che li contengono rispetto a quelle che ne sono prive.
Il secondo studio, pubblicato sempre su Nature e condotto dall’Università svedese di Lund, ha fornito una delle prove più convincenti della pericolosità dei neonicotinoidi per api e bombi, portando a termine un esperimento per verificare gli effetti concreti di questo gruppo di pesticidi sulle api e scoprendo che le popolazioni selvatiche presenti nei campi trattati si erano dimezzate.
I bombi avevano smesso di crescere e iniziato a produrre meno regine nelle zone dove era presente la sostanza chimica. Tuttavia non sarebbero state trovate prove che le api più robuste, utilizzate per l’impollinazione di molte colture, siano state colpite. Il Dr Maj Rundlöf, l’autore principale dello studio, ha affermato che l’impatto sulle api selvatiche è “drammatico”.
Dave Goulson, un esperto di api dell’Università del Sussex, non coinvolto nella ricerca, ha affermato che, a questo punto, non è più credibile sostenere che l’uso agricolo di neonicotinoidi non danneggi le api selvatiche.
Non sono dello stesso avviso le multinazionali che, per bocca di Nick von Westenholz, amministratore delegato della Crop Protection Association, che rappresenta i produttori di neonicotinoidi Bayer e Syngenta, avrebbero affermato come gli studi debbano essere rivisti in altri contesti. Secondo Westenholz i risultati del dr Rundlöf sarebbero discutibili, come i livelli di pesticida trovati nel polline delle api superiori rispetto agli studi precedenti.
Per chi ha bisogno di scovare la presenza di pesticidi nei terreni, nelle acque o nei prodotti dell’orto, esiste un nuovo dispositivo che permette di soddisfare questa esigenza senza il ricorso alle più costose analisi di laboratorio: il suo nome è BIOPARD
(Foto in evidenza: Tim Dutton; foto interna: Charles Lam)