Continua il polverone mediatico alzato dall’ultima puntata di Report “Siamo tutte oche”, che ha presentato agli occhi degli spettatori le atrocità perpetrate ai danni degli animali, per la realizzazione dei piumini d’oca.
Per la prima volta, nonostante le associazioni ambientaliste lo ripetano da tempo, agli occhi degli spettatori sono state presentate immagini brutali, reali, che in maniera eloquente mostrano tutta la sofferenza vissuta in questi “campi lager” in cui viene praticata la cosiddetta “spiumatura”.
L’inchiesta analizza i diversi passaggi della produzione del piumino d’oca: dalla confezione alla delocalizzazione. Un’indagine ad ampio raggio sulle scelte di alcuni marchi della moda che, per risparmiare, si spingono perfino in territori non riconosciuti dall’ONU che mettono in atto pratiche di spiumatura disumane.
Gli animali vengono spennati per la prima volta quando hanno otto settimane. Appese, con le zampe legate, le oche si contorcono e urlano dal dolore, mentre l’uomo cerca nel modo più veloce possibile di strappare loro le piume. Per un equivalente di 30 centesimi di euro ad animale.
Insieme alle piume, spesso, vengono strappati via anche pezzi di pelle. Così, come risultato si hanno animali con la carne contusa, lacerata, che viene sommariamente ricucita e disinfettata per limitare le perdite. Il 20% di questi animali non riuscirà a sopravvivere. Il restante sarà nuovamente sottoposto a questa barbarie per quattro volte all’anno. Veri e propri lager delle torture che imprigionano dai 5 ai 10mila esemplari.
Una pratica che, però, nell’Ue è considerata illegale, visto che le normative vietano una simile atrocità sugli animali, consentendo l’utilizzo sul mercato di piumino d’oca ricavato solo dalla pettinatura. Gli esperti dell’Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea hanno infatti stabilito che “tale pratica può essere effettuata senza causare sofferenza o lesioni,se eseguita nel momento in cui sono in fase di muta e se vengono utilizzate tecniche di spazzolatura e pettinatura”.
Di questo mercato, secondo quanto mandato in onda da Report, farebbe parte anche la famosa Moncler. La Moncler è una vecchia azienda fornitrice di maestri di sci e alpinisti, che venne recuperata da un imprenditore comasco. Una volta quotata in borsa, la produzione viene delocalizzata in Moldavia. Con precisione, nella Transnistria, uno territorio autoproclamatosi Stato, considerato de iure parte della Repubblica di Moldavia, dove i prezzi di produzione sono bassissimi e dove il risparmio su ogni capo, rispetto a quando la produzione era eseguita in Italia, sarebbe di 30 euro.
Dopo la puntata di Report, il colosso dei piumini Moncler ha perso il 4,88% in Borsa. A far cadere il titolo, secondo gli analisti, è stata proprio l’inchiesta sullo sfruttamento degli animali per la produzione di piume d’oca.
Dopo le polemiche, l’azienda è intervenuta sulla vicenda, annunciando di avere “dato mandato ai propri legali di tutelarsi in tutte le sedi opportune”.
Secondo quanto trasmesso in un comunicato, la Moncler ha spiegato che “tutte le piume utilizzate in azienda provengono da fornitori altamente qualificati che aderiscono ai principi dell’ente europeo Edfa e che sono obbligati contrattualmente a garantire il rispetto dei principi di tutela degli animali, come riportato dal codice etico di Moncler”.
Non sussisterebbe quindi, a detta dell’azienda, nessun legame con le immagini forti mandate in onda e riferite ad allevatori, fornitori o aziende che operano in maniera impropria o illegale e che sono state associate a Moncler.
Dal canto suo, anche la Gabanelli, curatrice della trasmissione, ha replicato alla società, affermando che “ha deciso di non confrontarsi con Report e alla domanda per iscritto se fosse dotato di qualche certificazione non ha risposto. Come è visibile dall’etichetta, non sono dotati di alcuna filiera tracciata contro la spiumatura da vivo, come invece fanno altri marchi”.
Come dicevamo all’inizio, da anni le associazioni animaliste mettono sotto accusa, non solo la Moncler, ma diverse altre aziende che utilizzano piuma d’oca per la produzione dei propri capi.
Chi acquista un piumone o una giacca, purtroppo, spesso non riesce a risalire alla provenienza della piuma e alle modalità con cui viene ricavata. L’unica soluzione per non contribuire a questo orrore è scegliere tra le tante alternative sintetiche.
Come affermato dalla LAV, inoltre, la dicitura “Vera Piuma” non è sinonimo di prodotto di qualità, visto che spesso le griffe non utilizzano sempre prodotti pregiati. Come affermato da Simone Pavesi, responsabile LAV, “oltre che un prodotto eticamente inaccettabile perché produttivo di enormi sofferenze animali, non è difendibile neanche dal punto di vista delle prestazioni. Per questo motivo, e per le evidenze emerse nella trasmissione di Rai3 – aggiunge – abbiamo chiesto un incontro con la Moncler per confrontarci su scelte commerciali alternative a quelle che sfruttano gli animali, considerando inoltre che il loro Codice etico non fa alcun riferimento alla pratica della spiumatura”. Inoltre, in Italia, ricorda la Lav, l’articolo 19 del decreto legislativo 146/2001, “vieta a partire dal 1° gennaio 2004 la spiumatura di volatili vivi, ma sul mercato nazionale è possibile acquistare prodotti con piume ottenute con questa crudele pratica e ricavate da animali allevati all’estero. Per la tutela di milioni di oche (e altri anatidi) è quindi necessario vietare il commercio di prodotti che contengono piume”.
È possibile rivedere la puntata di Report a questo link: http://www.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-3e1844c1-87db-4948-b074-3715bb98e66a.html
(Foto: Aussiegall)
… e il modo come si ingozzano le oche per ottenere il foie grasse è stato dimenticato?