Shell, la compagnia petrolifera anglo olandese, avrebbe esercitato delle pressioni per condizionare gli obiettivi europei in materia di energia rinnovabile, in vista di un accordo chiave sui tagli delle emissioni, raggiunto dai leader europei a ottobre. La notizia è stata divulgata dal quotidiano inglese The Guardian, che ha svelato l’esistenza di alcuni documenti segreti.
Lo scorso ottobre, durante il Consiglio europeo che si è riunito a Bruxelles, gli Stati Membri hanno deciso le misure e gli obiettivi del nuovo pacchetto Clima-Energia da raggiungere entro il 2030. In quell’occasione, lo ricordiamo molto bene, le associazioni ambientaliste avevano espresso il loro malcontento, parlando di “una grande occasione sprecata”. Greenpeace Ue aveva accusato l’Europa di aver messo un freno alle rinnovabili, tenendo il Continente ancorato a carburanti fossili costosi e inquinanti.
Ora, quelle misure potrebbero essere lette sotto un’altra luce.
Secondo alcune informazioni divulgate da The Guardian, la compagnia petrolifera anglo olandese Royal Dutch Shell avrebbe condotto un’attività di lobbying per compromettere gli obiettivi in materia di energia rinnovabile presi a Bruxelles. Secondo il giornale inglese, una parte fondamentale dell’accordo sarebbe stata influenzata già a partire dall’ottobre del 2011. In quel periodo, la Shell avrebbe iniziato a esercitare le sue pressioni sull’allora presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso, sostituito da Jean-Claude Juncker lo scorso novembre.
Allora, la compagnia petrolifera avrebbe sostenuto che una strategia di espansione del settore del gas avrebbe consentito all’Unione di risparmiare 500 miliardi di euro nella transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio, rispetto a un approccio incentrato sulle energie rinnovabili. Pressioni che Malcolm Brinded avrebbe fatto attraverso una lettera di cinque pagine indirizzata proprio a Barroso in cui, tra le altre cose, c’era scritto: “Shell ritiene che l’UE dovrebbe concentrarsi sulla riduzione dei gas serra come unico obiettivo climatico dopo il 2020, e consentire al mercato di individuare il metodo più efficiente dal punto di vista economico per raggiungere questo obiettivo, preservando in tal modo la competitività dell’industria, tutelando l’occupazione e il potere d’acquisto dei consumatori, e guidando la crescita economica“.
In un incontro nel 2014, gli Stati Membri avevano concordato di tagliare le emissioni del 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. In seguito, però, sono emerse divergenze tra gli stati su come raggiungere questo obiettivo. Come ricorda Internazionale, il Regno Unito e altri paesi si sono poi opposti all’inserimento nell’accordo di particolari obblighi a livello nazionale sull’efficienza energetica e le energie rinnovabili. Alla fine questi aspetti sono stati esclusi dall’accordo.
Secondo il Registro per la trasparenza dell’Unione europea, la Shell rappresenta la sesta lobby più potente a Bruxelles, e spende circa 4,5 milioni di euro all’anno per fare pressioni sulle istituzioni europee a tutela dei propri interessi.
(Foto in evidenza: theenergycollective; foto interna: Max Braun)