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Inquinamento da plastica in aumento: lo sconcertante rapporto di Tearfund su Coca Cola, PepsiCo, Nestlè e Unilever

by Carlotta Bulgarelli
31 Marzo 2020
in Ecoreati
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INQUINAMENTO da PLASTICA

L’inquinamento da plastica continua a crescere e sono davvero allarmanti i dati di un rapporto della Tearfund, riguardante 4 colossi mondiali produttori di bevande, responsabili, annualmente, di oltre mezzo milione di tonnellate di inquinamento da plastica in 6 paesi in via di sviluppo analizzati nel report.

Parliamo di Coca Cola, PepsiCo, Nestlè e Unilever che producono danni immani all’ambiente, al clima, alla salute umana e animale, con la combustione a cielo aperto di bottiglie di plastica, buste e cartoni, emettendo ingenti quantità di gas serra nei paesi in via di sviluppo presi in rassegna, dove i rifiuti non possono essere ben gestiti poiché non vi è la possibilità di effettuare raccolte differenziate.

L’analisi condotta da Tearfund

Prendendo in esame un campione di 6 Paesi in via di sviluppo (Cina, India, Filippine, Brasile, Messico e Nigeria) , l’organizzazione non governativa che sostiene le persone in condizioni di povertà, ha fornito soccorsi in caso di calamità per le comunità più svantaggiate.

Ha stimato che la combustione di imballaggi in plastica immessi sul mercato di questi paesi dalle aziende summenzionate, crea 4,6 milioni di tonnellate di biossido di carbonio, equivalente alle emissioni di 2 milioni di auto.

Nel rapporto si legge: “Questo enorme inquinamento da plastica, che di per se è già una crisi, sta contribuendo anche alla crisi climatica“, aggiungendo: “tali aziende continuano a vendere miliardi di prodotti in paesi in via di sviluppo, pur sapendo che i rifiuti non sono gestiti correttamente e che gli imballaggi provocano gravi danni all’ambiente e alla salute delle persone. Tali azioni sono moralmente indifendibili”.

Gli sconcertanti dati emergenti dal rapporto sui livelli di inquinamento da plastica

Come noto, bottiglie, lattine, sacchetti di plastica ecc. vengono gettati agli angoli delle strade, bruciati, scaricati in discariche a cielo aperto, dove vengono ad accumularsi negli anni.

Dal rapporto emerge che:

  • Coca Cola crea in questi 6 paesi 200 mila tonnellate di rifiuti di plastica, sufficienti a coprire 33 campi da calcio al giorno
  • Pepsi, che crea 137 mila tonnellate di rifiuti di plastica, pari a 22 campi da calcio al giorno
  • Nestlè, con 95 mila tonnellate annue prodotte, pari a 15 campi da calcio al giorno
  • Unilever, con 70 mila tonnellate annue di rifiuti plastici prodotti, pari a 11 campi da calcio

LEGGI ANCHE: Inquinamento da plastica in mare: i dati del WWF

I LEGO vivranno più di noi, inquinando i nostri mari

INQUINAMENTO PLASTICA
Mascherine anti-Coronavirus: stanno contribuendo a inquinare il pianeta per cui bisogna osservare le regole di smaltimento, utilizzando il buon senso.

Le richieste di Tearfund ai 4 colossi mondiali

La produzione globale di plastica è in aumento, avverte il rapporto, essendo destinata ad aumentare nei prossimi 10-15 giorni, con un impatto devastante sull’ambiente e mortale sulle persone.

Il dottor Ruth Valerio, direttore del Global Advocacy and influencing di Tearfund ha dichiarato che queste 4 aziende “vendono plastica con la piena consapevolezza che verrà bruciata o gettata nei paesi in via di sviluppo, lasciando “cicatrici” nei paesaggi, contribuendo ai cambiamenti climatici e a provocare danni alla salute alle persone più povere del mondo”.

E’ per tutto ciò che l’organizzazione senza scopo di lucro chiede ai 4 colossi di:

  • dimezzare l’uso della plastica entro il 2025
  • utilizzare contenitori riciclabili
  • provvedere al riciclo della plastica
  • risolvere il problema relativo alla mancanza di cassonetti per la raccolta differenziata

Anche la pandemia da Covid-19 contribuisce all’inquinamento

Di questi tempi, oltre al terrore e allo sgomento della pandemia da Covid-19, che sta mettendo in ginocchio l’economia mondiale e mietendo tantissime vittime, c’è anche un’altra emergenza ad essa correlata: quella ambientale.

Si, perché in luoghi come Hong Kong, innumerevoli respiratori N95 e mascherine chirurgiche, utilizzate dalle persone locali per proteggersi dal Coronavirus, finiscono sulle spiagge e nel mare, minacciando la vita delle creature marine che rischiano di ingerirle o rimanere intrappolate in esse.

Plastica in mare

Sulle piccole e disabitate isole Soko di Hong Kong, un ambientalista dell’Ocean Asia ha rinvenuto 70 mascherine su un tratto di spiaggia di 100 metri e, solo una settimana dopo, ne ha recuperate altre 30.

Si tratta di mascherine fatte con materiali sintetici non biodegradabili, in polipropilene, che non degrada molto velocemente o trattate con sostanze chimiche inquinanti.

Se si pensa che Hong Kong genera 6 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, a questo enorme volume vanno a sommarsi le mascherine facciali.

“Le persone pensano di proteggersi ma non si tratta solo di proteggere se stessi. E’ da egoisti non buttare via le mascherine correttamente “, dice Tracey Read, fondatore del gruppo Plastic Free Seas.

Tags: Coca-colacoronavirusinquinamento da plasticamascherine anti-CoronavirusNestlè e UnileverPepsiCoTearfund
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